L’usanza inglese di bere tè ebbe origine a metà del 1600 in ambiente aristocratico.
Come spesso accade, la difficoltà e il costo di reperire questa gustosa pianta aromatica cinese (inizialmente destinata ad uso medicinale) rendevano più che mai il consumo di tè uno status symbol, un piacere che soltanto i ricchi potevano permettersi. Verso la fine del XVII secolo il tè, con tutto il suo corredo di porcellane pregiate e di varianti di gusto (inizialmente veniva accompagnato da bicchierini di rum o di liquore all’arancia), era diventata la bevanda preferita a corte.
Nonostante il costo elevato, l’abitudine di bere tè si diffuse presto anche tra le classi subalterne che, però, consumavano tè “riciclato”, ottenuto cioè mediante una seconda infusione delle foglie già utilizzate dai nobili, poiché un tè “di prima mano” era economicamente fuori dalla loro portata.
Ben presto il governo inglese comprese l’enorme potenziale commerciale di queste erbe essiccate ed iniziò a combattere ferocemente le contraffazioni, mentre imponeva tasse pesantissime. Fu proprio questo a provocare una rabbiosa ribellione da parte dei coloni americani che esasperati, ad un certo punto gettarono la preziosa mercanzia nell’oceano e pretesero l’indipendenza dalla madre patria.
All’inizio dell’Ottocento per svincolarsi dalla Cina, all’epoca monopolista del tè, gli inglesi crearono grandi coltivazioni di camelia sinensis in India, allora parte dell’Impero britannico: i costi di importazione diminuirono e l’abitudine di consumare tè (non più riciclato), si allargò anche al popolo.
Ma l’usanza del “tè delle cinque” si fa risalire alla speciale iniziativa della duchessa di Belford, cara amica della regina Vittoria, insofferente al digiuno imposto dalla moda ottocentesca di posticipare sempre più tardi l’ora del pranzo, fino ad oltrepassare di gran lunga il tramonto. Incapace di astenersi dal cibo tra colazione e cena a differenza di ogni brava aristocratica, inventò “il tè delle cinque” – un piccolo pasto spezza fame durante il quale si concedeva una tazza di tè accompagnata da panini, torta o pasticcini – condividendo questa abitudine con le sue ospiti. La Regina Vittoria, conquistata dall’idea, iniziò ad organizzare i famosi Afternoon Tea, che si trasformarono in incontri così formali e codificati da prevedere la creazione di speciali abiti da indossare per l’occasione: gli elegantissimi “abiti da tè”.
Per l’Afternoon Tea nacquero anche preziosi servizi da tè in porcellana, completi di bricco per latte o panna, alzate per dolci e tramezzini (“almeno 5 tipi”), piattini per il pane e il burro, vassoi destinati ai vol au vent, alla carne fredda, alle gelatine, infine coppette per il gelato.
La tradizione del tè, per gli inglesi, divenne in breve tempo una delle più radicate e imprescindibili.
Nel 1946 niente meno che George Orwell espose le sue personali regole per servire e gustare il perfetto “tè delle cinque”, in un articolo intitolato “A nice cup of tea”:
– Scegliere sempre tè indiano, o di Ceylon, non cinese (of course)
– Prepararne una sola teiera alla volta
– La teiera va prima scaldata
– Il tè deve essere forte (5-6 cucchiaini per litro d’acqua) …
– … e va messo direttamente nella teiera, senza filtri, bustine o altro
– Bisogna dare una scossa alla teiera, poi lasciare che le foglie si posino lentamente sul fondo
– Va bevuto tassativamente da una tazza cilindrica
– Latte sì, panna no
– Prima va versato il tè, dopo il latte
– Non va mai zuccherato: quello lo fanno solo i russi, distruggendone il sapore.
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