La storia dello spionaggio è lunga quanto la storia dell’uomo e la sua propensione alla guerra.
Dall’inizio dei tempi lo spionaggio si gioca tra messaggi cifrati, corruzione, infiltrati, diffusione di false notizie e manovre al limite della legalità da parte delle ambasciate.
Nel nostro immaginario la spia per eccellenza resta James Bond, lo 007 nato dalla fantasia di Ian Fleming, protagonista di tutta la serie di film che ben conosciamo e che, con “Skyfall”, l’ultima pellicola uscita a Londra, diventa anche un benefattore, devolvendo ai “colleghi” in pensione l’incasso della prima-evento. Questa notizia però dà la misura di quanto la realtà sia lontana dalla fantasia e come le più celebri spie non siano state protagoniste del jet set, ma piuttosto oscuri funzionari impoveriti, o sfortunati avventurieri uccisi da un semplice passo falso o dalla “ragion di stato”.
Sembra che già nella Mesopotamia di Hammurabi e nell’Egitto di Ramsete II lo spionaggio militare fosse largamente praticato, sono infatti gli assiro-babilonesi a costituire la prima struttura dedicata a spionaggio e controspionaggio, sotto forma di raccolta di notizie politiche e militari all’estero, sorveglianza interna, controspionaggio offensivo, attività di disinformazione, protezione dei segreti dell’impero e perfezionamento dei mezzi di trasmissione delle notizie.
Addirittura in quest’ottica si potrebbe interpretare l’impresa di Mosè nella terra di Canaan come una missione di intelligence finalizzata a valutare l’effettiva ricchezza del territorio, la possibilità di stanziamento e la capacità di resistenza.
Si sa che gli antichi romani disdegnavano questo tipo di strumento, se non si considera l’episodico utilizzo della crittografia da parte di Giulio Cesare, infatti è solo con Diocleziano che nell’Impero romano prende forma un apparato dedicato allo spionaggio militare.
Maestri di strategia furono invece i Bizantini che fecero largo uso dell’intelligence per cinque secoli: è proprio a loro che si deve l’impiego sistematico dello spionaggio industriale e commerciale.
Ma il primato dell’uso costante e capillare di spionaggio e controspionaggio economico spetta alla Repubblica di Venezia che attuò il coinvolgimento di ogni veneziano, di qualsiasi classe, nella protezione dei segreti della Serenissima, ma anche nel carpire quelli degli altri. Ogni cittadino veneziano che si trovasse all’estero era invitato a informare il Governo di quanto vedesse ed eventualmente scoprisse. Nacque così una fittissima rete di informatori essenziali per il mantenimento della stabilità politica di Venezia.
E’ però nell’Inghilterra di fine Cinquecento, sotto il regno di Elisabetta I Tudor, che nascono i servizi segreti nel senso in cui li intendiamo oggi, con la figura di Sir Francis Walsingham, uno dei maggiori diplomatici dell’epoca che organizzò il primo servizio di spionaggio statale dell’era moderna.
Grazie all’operato di Walsingham l’Inghilterra era costantemente informata sulle operazioni militari spagnole e venne fermato un attentato che aveva come obiettivo l’eliminazione fisica della regina Elisabetta I e in tutto ciò anche la romantica figura dei corsari e di Francis Drake ebbero un certo peso.
Tre secoli dopo sarà sempre un inglese il campione assoluto delle spie: Lawrence D’Arabia, un archeologo che in realtà prepara la rivolta degli arabi contro l’impero Ottomano, per conto di Sua Maestà. Così nasce la figura dell’agente segreto come un preparatissimo ufficiale al servizio della Patria.
Il personaggio di James Bond difficilmente avrebbe potuto vedere la luce in Italia o in Francia, paesi in cui “spia” è sinonimo di traditore. Si tratta infatti di un prodotto tipicamente british, la cui origine va ricercata proprio nel regno di Elisabetta la Grande.
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