Che belli i tempi in cui gioco e sport erano la stessa cosa! Non ci si accorgeva del fiatone né della fatica.
Quel che guidava il movimento era l’immaginazione. Quel che arricchiva l’immaginazione era il movimento.
I giochi più belli del passato non si compravano, si facevano … “facevamo che io ero…“.
Anche adesso, a pensarci bene!
Fare un gioco non voleva dire solo che, spesso, un oggetto era costruito in casa, ma che il gioco, per chiamarsi tale, comportava la presenza di uno o più bambini. E non poteva trovarsi su uno scaffale ed essere chiamato gioco, fino a che un bambino non l’avesse trasformato con la sua azione.
Una bacinella con acqua e sapone, di per sé non era un gioco, ma un bambino con una cannuccia poteva trasformarla in “bolle di sapone”.
Un prato vuoto non era un gioco, ma poteva trasformasi facilmente in un “girotondo”, una strada poteva diventare una pista per correre, un albero poteva essere una nave di pirati e così, rami, biglie, sassi, foglie e, in tutto ciò, i corsi di danza, di tennis, di calcio, di atletica, di rugby, di nuoto si risolvevano in una caotica e divertente accozzaglia di discipline indisciplinate!
Anche le regole avevano la loro parte, anzi, decidere le regole era parte integrante del gioco: ci si osservava, ci si sceglieva, ci si prendevano “le misure” reciprocamente, si sperimentava la politica nel senso più vero del termine e si capiva anche la necessità del compromesso.
Alla fine si arrivava, dopo infinite discussioni, ad uno statuto temporaneo che rappresentava un capolavoro di giustizia, pieno di buone intenzioni e di spazio per tutti … almeno fino al primo: “non vaaleeeeeee!!”.
Certo, sono nostalgica, ma le palestre mi sono sempre sembrate luoghi lugubri, che solo da poco tempo si sono riaperte al libero divertimento infantile.
E anche gli schermi, grandi e piccoli, mi rendono triste, così asettici e mortificanti per il corpo.
Per non parlare delle montagne di giocattoli uguali per tutti, tombe della fantasia.
Così, mentre le pubblicità del gioco d’azzardo contrabbandano il concetto che il gioco (non l’azzardo, ma il gioco!!!) sarebbe addirittura “vietato ai minori”, mi guardo indietro e … sorrido.
© riproduzione riservata
Bellissima considerazione, scritta con la penna di chi ama i bambini per ciò che sono, leggendo la gioia dell’istante che stanno vivendo senza pensare sempre e per forza a ciò che dovranno diventare, forse solo con un pizzico di sana nostalgia per quando quel momento era anche nostro. Senza quel gioco sport qualsiasi sport futuro compreso il lavoro, compresa la vita privata, sarà forse solo competizione …
E’ questa stessa competizione forse che induce certi inquilini a non sopportare i bambini che giocano nei condomini, come il mio, piccolo, con un cortile fruibile e ricco di occasioni da inventare, pieno di bambini per cui la corteccia dell’aiuola diviene un pastello per colorare? E’ la mancanza di quelle immaginazioni infantili a non permettere a questi grandi, sportivi senza gioco, di vedere che quei bimbi non sono come vecchi e polverosi giocattoli in disordine nei quali inciampare e che disturbano alla vista la bellezza del salotto buono suonando all’improvviso se le pile sono ancora un po’ cariche … come fanno i bambini veri quando si dimenticano per un attimo che quel vialetto non è il ponte levatoio del castello ma l’ingresso della vicina di casa che raccomanda il rispetto della sua privacy!
Chiara, che splendido commento!
Quasi un proseguimento del post nel presente più attuale, con uno sguardo d’amore complice ai nostri figli.
Grazie!
Stefania
mi ha entusiasmato quello che hai scritto, pieno di amore, passione e storia, non banale nostalgia per un tempo passato ma per la nostra identita’ perche’ noi siamo come l’albero, conteniamo tutto quello che siamo stati… e noi siamo questo. Sono un pittore e in questo momento della mia vita ho lasciato i diversi temi pittorici e mi sto’ dedicando esclusivamente ai giochi di strada dei bambini, perche’ io c’ero.., noi c’eravamo..e questo mi emoziona..
Grazie mille!
… eh sì, il mio cuore è spesso nel passato, sono contenta che si percepisca la passione.
E chi meglio di un artista può interpretare e far rivivere “ciò che è stato”, nelle proprie opere?
Bellissimo soggetto i giochi di strada, complimenti!