Ora abbiamo la certezza che le scuole non riapriranno molto presto.
È partita in molte case la riorganizzazione degli spazi familiari, in attesa che il contagio da Covid-19 si arresti grazie alla riduzione dei contatti. Probabilmente l’ultimo trimestre dell’a.a. 2020 si svolgerà “a distanza”: i siti istituzionali delle varie scuole hanno caricato on-line i compiti e hanno messo a disposizione degli studenti più grandi, lezioni videoregistrate o videochat di gruppo, mentre tra genitori e figli ci si destreggia fra “smart working” ed “e-learning“. Le aule, quelle sovraffollate di città o le pluriclassi dei piccoli paesi, vengono pian piano svuotate anche da libri e quaderni, mentre le chat genitori-insegnanti sono roventi.
D’altronde quello di chiudere le scuole è sempre stato uno dei primi provvedimenti sensati da prendere in caso di epidemie e, se vogliamo cogliere il lato positivo di una situazione disperata, questa può essere l’occasione di sperimentare per la prima volta una vera scuola digitale diffusa, in cui le immagini potranno acquisire un ruolo centrale nella trasmissione del sapere.
Certamente per gli studenti più piccoli la mancanza di contatto diretto con gli educatori sarà maggiormente sofferta, ma nessuno ha dubbi che molti adolescenti non verseranno una lacrima all’idea di organizzarsi autonomamente senza restare in classi sovraffollate per 6/8 ore al giorno, e in più noi genitori li vedremo finalmente utilizzare gli strumenti digitali in attività meno ludiche e vuote.
Mentre si allargano gli spazi dedicati al (forzato) tempo libero, dopo abbuffate di TV e Smartphone, vengono ripresi in mano i libri, inizialmente soltanto perché il resto è venuto a noia e poi perché la lettura, volenti o nolenti, riesce a trasportarci fuori dagli spazi angusti in cui siamo costretti.
Leggiamo, raccontiamo, scambiamo opinioni, disegniamo, piantiamo fiori, dipingiamo la casa con i nostri figli. Anche se l’occasione ci viene da circostanze difficili, proviamo a volgere al meglio le cose esplorando nuovi modi di imparare, insegnare e relazionarci. Così, oltre allo slow food e al turismo slow, sperimenteremo anche la slow school, meno stressante per (quasi) tutti.
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