“Dio fece terra, mare e colline, poi fece gambe e mobilità
Le verità sono sempre lontane, il peccatore fermo starà
Lungo la strada persi il mio cane, l’ho ritrovato a Les Saintes Maries
Mondo confuso che non ha fame, non puoi capirmi ed è meglio così.
Viva, viva Santa Sara, Madre di chi casa non ha
Viva, viva Santa Sara, Madre di chi terra non ha.”
(da “La Musica dei Poveri” de I Mercanti di Liquore)
Santa Sara, l’amatissima patrona dei gitani, viene festeggiata in Camargue, nel paese di Saintes Maries de la Mer, ogni 24 maggio. La leggenda narra che la schiava egizia Sara approdò sulle coste provenzali con Maria Salomè e Maria Jacomè (o Maria Cleofa, indicata a volte con il nome del figlio Giacomo e a volte invece come Maria Josè, in riferimento al figlio Giuseppe) che, secondo la Leggenda Aurea, sarebbero sorelle della Vergine rifugiatesi in Provenza insieme alla Maddalena. Il culto di Sara-la-Kali (Sara la Nera) precede, però, la leggenda delle Marie e i gitani affermano che Sara era già presente nel villaggio quando esse sbarcarono, infatti sarebbe stata una principessa che ospitò Maria Salomè e Maria di Giacomo fuggite dalla Palestina.
Tutto concorre a far pensare che la figura di questa Santa (mai riconosciuta dalla chiesa cattolica, ma celebrata ogni anno con una Messa solenne alla presenza del vescovo di Aix-en-Provence) sia il risultato di una contaminazione tra culti misterici dedicati alla dea Iside (venerata in luoghi sotterranei spesso sede di sorgenti d’acqua, come la cripta di Saintes Maries de la Mer) e culti cristiani, che trasformarono queste dee pagane in Vergini Nere, sebbene nel caso di Sara sia sopravvissuta un’identità distinta. L’appellativo “Kali” (la Nera) rivela altre tracce antichissime del culto di Sara e, probabilmente anche dell’origine del popolo Romanì, infatti richiama un’altra divinità femminile dalla pelle scura, potente oggetto di infinita venerazione per gli Indù: la dea Kalì.
I Gitani celebrano la loro patrona con una suggestiva processione, seguita da una festa chiassosa e allegra, piena di musica e danze. Circa 10 mila zingari si riuniscono da ogni parte d’Europa alle Saintes Maries de la Mer per partecipare con devozione al trasporto della statua dalla cripta della cattedrale fino al mare: il simulacro della Santa (che ha un “guardaroba” di 59 abiti diversi, confezionati dai fedeli per le diverse cerimonie ed è adornata con una corona e molti gioielli) viene portato a spalla da uomini e donne scalzi, preceduti dai guardians a cavallo (i cowboys della Camargue) e da decine di stendardi dedicati alla Santa; il corteo è accompagnato dalla musica di violini e chitarre che intonano melodie zigane. La statua viene immersa nelle acque del mare tra pianti, risa e invocazioni, per il rito di purificazione di tutti i pellegrini che, mescolati ai turisti e agli abitanti del villaggio, circa 40 mila persone in tutto, proseguiranno i festeggiamenti suonando e ballando fino a notte fonda, dimenticando almeno per un po’ differenze e pregiudizi che seguono da millenni il “Popolo del Vento”.
Sicuramente tutta la storia è molto interessante e affascinante come il luogo in cui si svolge tutto questo, la Camargue. Io ho trascorso le vacanze presso S. Maries de la Mer, quest’anno, dove il paesaggio, la natura e la storia dei paesi vicini fanno sì che il ricordo dell’estate duri per molto tempo.