La Festa di San Valentino mi è sempre stata antipatica.
Commercializzare i sentimenti mi provoca tristezza, così ogni 14 febbraio vengo assalita da tentazioni dissacranti.
Questo evento, nato come rito orgiastico di fertilità e poi snaturato in una cattolica festa degli innamorati, sembra doversi annacquare ulteriormente in una generica celebrazione dell’affetto, per non scontentare nessuno e soprattutto per non abbattere i consumi.
Già da questo piccolo esempio, le idee balzane di molti filosofi che facevano dipendere il sistema economico dalle passioni, danno l’impressione di non essere del tutto campate in aria.
In ogni caso, se i rituali non devono più avere una connotazione specifica, se dobbiamo per forza voler bene a tutti nello stesso modo e se la passione va dispersa in mille rivoli, in occasione di San Valentino proporrei di diventare tutti “poliamorosi”, che va tanto di moda.
Questo neologismo, spacciato come una recente conquista di animi evoluti, allude ad una pratica che tanto nuova non è e che, soprattutto, è stata teorizzata quasi due secoli fa da vari socialisti utopici tra cui spicca Charles Fourier.
Certo nel caso di Fourier non si trattava di una sperimentazione erotica o sentimentale, ma semplicemente della conseguenza logica della sua utopia politica ed economica che prevedeva la dissoluzione dei rapporti di potere tra gli individui e il raggiungimento di uno stadio elevato dello sviluppo umano, chiamato Armonia.
Secondo il filosofo francese c’è una differenza sostanziale tra gli effetti del libertinaggio, dell’infedeltà, dell’incostanza insiti nella coppia monogamica e quelli dell’amore “poligamico” (e poliandrico), che trasformerebbe gli associati in una grande famiglia conducendo la società verso una maggiore armonia, grazie alla trasparenza, alla sincerità e alla collaborazione sociale.
… un’utopia, appunto…
L’amore libero, le comunità poligamiche e la dissoluzione della cellula familiare monogamica nel corso dei secoli hanno accompagnato, a volte connotando in modo forte, molte rivoluzioni culturali o politiche epocali, dalle eresie anabattiste del XVI secolo alla Rivoluzione francese, dalle teorie anarchiche, marxiste e libertarie, alla liberazione sessuale del ’68.
Oggi i “poliamorosi”, apparsi come un curioso e innocuo fenomeno di costume, sono persone che rifiutano di avere rapporti di coppia esclusivi e fondati sul possesso, vivono, nella completa trasparenza e sincerità reciproca, una serie di “amori multipli”: per loro l’ideale è quello di avere una relazione sentimentale e/o sessuale onesta con più partner nello stesso periodo.
In tutto questo l’individualità e la libertà rivestono il ruolo di totem e la possessività è il vero tabù.
Lo schema sembra ripreso pari pari da Fourier, anche nella semplice “teorizzazione” di una maggiore armonia possibile.
In un periodo storico che ci vede alle prese con il fallimento di un sistema economico e sociale fondato sul capitalismo estremo e sulla sacralità della proprietà privata, la nuova “moda” amorosa però dovrebbe farci riflettere. Potrebbe essere il primo segnale di una profonda esigenza di utopica armonia, che prelude alla necessità di una nuova ridistribuzione delle risorse, non solo amorose.
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