Non provate mai a dire che “tutto fa brodo” e soprattutto non ditelo davanti ad un piemontese, che inizierebbe a distinguere tra la produzione di buon bollito o di una buona minestra, per poi passare a rendervi edotti sulle tecniche più indicate per farne uno davvero perfetto, rivelandovi tra l’altro che il sale va aggiunto alla fine. Eh sì, perché il brodo è una delle più antiche pietanze che si conoscano, ma proprio per questo nella tradizione italiana ha un posto d’onore e va cucinato con tutti i crismi. Un tempo era il cibo della domenica, quando si facevano i cappelletti o i passatelli in casa e, ancora prima, era il cibo delle feste natalizie. Per cucinarlo al meglio dovremmo utilizzare mezzo chilo di carne per ogni litro/litro e mezzo d’acqua. La ricetta di Pellegrino Artusi prevede di “mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola (coperta) adagino adagino e che non trabocchi mai” per due o tre ore. L’acqua “diaccia”, cioè fredda, permette un maggiore passaggio di sostanze dalla carne al liquido, rendendo il brodo più saporito, inoltre non devono mancare sedano, carota, cipolla, chiodi di garofano. Poi ci sono le varianti regionali: chi ci infila un pomodorino e le croste del parmigiano, chi invece aglio, alloro e prezzemolo, chi usa il manzo, chi la gallina, chi entrambi. E pensare che nel Medioevo si era soliti buttare in pentola tutto ciò che capitava: bucce, legumi, radici, ossi, residui di carne o pesce e proprio da qui viene il detto “tutto fa brodo”, così come il “non sapere cosa bolle in pentola”, visto che in effetti alla fine la zuppa che ne risultava, sempre zuppa era!
Oggi, purtroppo, dopo essere passati attraverso una felice epoca in cui la preparazione del brodo costituiva il rituale domenicale, stiamo tornando al “tutto fa brodo” medievale, complice l’industria alimentare che, dai tempi del primo estratto di carne Liebig e del dado Maggi, ha fatto molti passi “avanti” e ci propone addirittura il brodo liquido in tetrapack. Pensatela come volete, ma le mie papille gridano vendetta, quindi ben venga la preparazione di due o tre ore e il rigore culinario piemontese: una domenica di queste, appena torna il freschino, un bel brodo vero non me lo toglie nessuno!
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