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Maternità: da obbligo a diritto

È incredibile come sia cambiato, in meno di 100 anni, il rapporto tra la donna e la maternità.
Non si può negare che, nel corso di millenni, la donna abbia avuto come unico mezzo di realizzazione il fatto di passare dal ruolo di figlia a quello di moglie, per poi acquisire un minimo di considerazione diventando madre.
Nel corso degli ultimi due secoli, l’emancipazione  femminile e le lotte per il diritto di voto, l’entrata nel mondo del lavoro e, infine, la parità sessuale hanno donato alle donne la possibilità di “scegliere” la maternità senza più subirla: dagli anni sessanta, per qualche decennio, il mondo femminile si è affrancato dall’obbligo di divenire madre e dall’onta di non poter generare figli.
Però qualcosa di sotterraneo e strisciante è cresciuto parallelamente, in contrapposizione all’emancipazione femminile.Inestirpabili resistenze culturali hanno pian piano preso di nuovo il sopravvento sostenute, in alcuni paesi, da fondamentalismi religiosi e superstizioni, in altri paesi invece dalla mercificazione di cose e persone, con un particolare accanimento verso il corpo femminile.
Purtroppo non solo gli uomini stanno accettando questo ritorno al passato, ma anche molte donne le quali, per un’inspiegabile fascinazione, trovano gratificante tornare ad essere oggetti, schiave, proprietà privata di altri, senza la minima consapevolezza di ciò che sta accadendo.

A tutto ciò, nel mondo occidentale, si sovrappone un narcisismo estremo e  un’immaturità sociale e politica che induce ognuno di noi a pensare di avere solo diritti e mai doveri.
Aspirando, senza comprenderlo, a quel diritto alla “felicità” sancito dalla costituzione americana, pensiamo che la società debba assicurarci tutto ciò che desideriamo e non tutto ciò di cui abbiamo necessità per avere una vita dignitosa, lasciandoci liberi di perseguire la felicità nei modi (possibilmente legali) che preferiamo.
Così da una parte si pretende che il sistema sanitario nazionale si sobbarchi il costo dell’infertilità come se fosse una patologia grave che compromette la sopravvivenza del singolo e dall’altra vediamo sempre più donne che  “indossano” il pancione come un trofeo e non come un normale stato passeggero nel corso della propria esistenza e, soprattutto, per il quale non esiste “merito” (o demerito nel caso di infertilità).
Nonostante la comprensibile sofferenza, per alcune di noi, nel non poter vivere una maternità biologica, mi sento di affermare che siamo donne, ma non per questo abbiamo automaticamente il diritto, il merito o l’obbligo di essere madri.
La nostra esistenza di donne, come individui, dovrebbe avere dignità a prescindere da tutto questo e una società sana e progredita non dovrebbe indurre a credere che la felicità di una donna dipenda dalla sua possibilità di generare, soprattutto se poi, questa stessa donna, la si abbandona a se stessa quando, mamma, lo diventa davvero.

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