Uno dei più bei soggetti da ritrarre è indubbiamente un bambino addormentato o una persona che amiamo, mollemente posata tra le braccia di Morfeo. Nel sonno tutti i tratti si distendono, il corpo si confonde col giaciglio, ogni difesa, ogni espressione cosciente scompare e così disarmati, disarmiamo chi guarda.
Forse per questo i “dormienti” sono così spesso raffigurati nella storia dell’arte.
Che si tratti di Veneri o di Eros alati, il sonno li mostra in tutta la loro divina bellezza, ma più vicina a noi mortali; che si tratti di fanciulle incantate o di orchi ubriachi, sappiamo che in
questo momento sospeso, qualcosa di importante accadrà nella storia.
C’è il “sonno della ragione” carico di tragedia e quello funestato da incubi, così magistralmente dipinto dai Romantici; il sonno dell’amata, forse colta da stanchezza nelle lunghe pose e improvvisamente fonte di ispirazione intima per l’artista, e quello dell’eroe, immortalato in un raro momento di riposo tra una battaglia e l’altra.
Decine di pittori hanno affrescato chiese e dipinto tele sacre con i sogni premonitori di personaggi biblici o di profeti, stesi sui loro giacigli mentre intorno a loro figure oniriche facevano presagire sventure o eventi straordinari, ma con la stessa cura hanno composto scene quotidiane aggiungendo un piccolo dettaglio: un cagnolino o un gatto accoccolati sul pavimento o su un letto, oppure un neonato addormentato in braccio alla madre.
Piccoli istanti di tranquillità, di abbandono, di stanchezza attirano inesorabilmente gli obbiettivi fotografici che lievi come farfalle o grevi come macigni, posano il loro sguardo sul sonno altrui, sul capo reclinato del venditore ambulante, sul fianco morbido della ragazza, sulla guancia paffuta del bambino, sulle mani scarne del vecchio, sulle vesti informi dei senza tetto, su un mondo in pausa dal caos, così stranamente e inspiegabilmente affascinante.
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