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L’Albero della vita

raffigurazione dell'Albero della Vita, elaborazione ©Fototeca Gilardi

L’albero della vita è un simbolo che ricorre in moltissime culture. I miti e le leggende di tutti i popoli attribuiscono a questo speciale albero, immaginato come perfettamente simmetrico e ben radicato, una valenza magica e foriera di benessere. Rappresentazione grafica dell’origine della vita sulla Terra e delle sue principali manifestazioni, è sempre associato alla divinità e la sua forma appare diversa a seconda della vegetazione tipica del luogo in cui si sviluppa la cultura, dalla palma, al melograno, alla quercia.
Nell’Antico Egitto molti alberi erano venerati come donatori di frutti e raffigurati nell’atto di fornire acqua e nutrimento all’uomo. Venivano ritenuti dimora di diverse divinità: era un’acacia a contenere il corpo del dio Osiride in attesa di essere riportato in vita dall’amata Iside, mentre un sicomoro era la manifestazione terrena della dea Hathor, la Vacca Sacra, creatrice del mondo. Venivano loro fatte offerte di fichi e uva e giare piene d’acqua erano poste intorno alle radici degli alberi sacri per dissetare i viandanti. Raffigurato spesso con, come tronco, il corpo del divino faraone da cui dipende la prosperità della popolazione l’albero della vita egizio è anche considerato colui che donò la scrittura agli egizi, così come il mitico Yggdrasill, Albero della Vita della cosmologia norrena.
Secondo la tradizione vedica indiana l’Albero della Vita è “rovesciato” poiché affonda le sue radici in cielo, dove risiede la divinità (“Il supremo Brahman con i suoi tre piedi ha le sue radici rivolte verso il cielo; i suoi rami sono l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua, la terra e il resto”) e in ambito greco vediamo Platone riprendere questo mito e affermare che la divinità che affonda le radici in cielo, tiene l’uomo per la testa affinché egli abbia la testa verso l’alto e i piedi sulla Terra (“noi siamo, infatti, piante non già terrestri ma celesti. E quanto diciamo è corretto. Perché da quel luogo, da cui fu la prima origine dell’anima, il Dio tiene sospesa la nostra testa, ovvero la nostra radice, e così mantiene eretto tutto il corpo”).
Altra immagine dell’Albero della Vita greco compare nel mito del Giardino delle Esperidi e dell’albero dai pomi d’oro, che in ambito islamico diventa un ulivo e nella tradizione buddista un ficus. L’Albero della vita è sempre immaginato come il centro dell’Universo, l’ “asse” cosmico da cui si sviluppa, ramificandosi, tutta la vita terrestre e celeste, parlando del legame che esiste tra le varie manifestazioni del cosmo. Nella cultura ebraico-cristiana vediamo invece Bene e Male sdoppiarsi e apparire due alberi: uno è quello che conosciamo tutti, l’Albero “proibito” quello che ci donò la conoscenza del Bene e del Male e, con un solo morso al suo frutto, ci macchiò eternamente di “colpa” (a differenza del ficus sotto le fronde del quale Siddharta raggiunse invece una conoscenza che la religione buddista chiama “risveglio” o illuminazione). Ma  nell’Eden accanto all’albero della Conoscenza ce n’era un secondo, l’Albero della Vita appunto, quello che avrebbe donato l’immortalità all’uomo e a cui il dio cristiano si guarda bene di accennare: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre” ( Genesi 3:22). Ma è proprio l’Albero della Vita che viene raffigurato quando nel Medioevo iniziano a fiorire le rappresentazioni di Cristo come Salvatore dell’umanità e “radice” del percorso che porterà l’uomo all’immortalità. Spesso troviamo raffigurazioni dell’Albero della Vita i cui rami si dipartono dalla croce e ospitano scene della vita di Gesù oppure vari Santi, ma di frequente si tratta di un albero genealogico della stirpe da cui discende Cristo, come il celebre Albero di Jesse.
Una magnifica descrizione dell’Albero Cosmico appare anche nella visionaria Gerusalemme Celeste descritta nell’Apocalisse: “…nella città scorre, limpido come cristallo, il fiume dell’acqua della vita che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l’albero della vita. Esso dà dodici raccolti all’anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell’albero sono per la guarigione delle nazioni”.
Infine anche Dante pone nel Purgatorio due alberi che sembrano richiamare proprio quello della Conoscenza e quello della Vita e che, al pari di quello vedico e platonico, appaiono rovesciati, come fossero un inafferrabile riflesso della Vita immortale ancora lontana dalla portata delle anime penitenti.
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