La parola tazza deriva dall’arabo “tàssah” indicante un bicchierino utilizzato per le bevande calde, che si diffuse in occidente durante le crociate.
In Italia, già sul finire del Quattrocento si parla di un dono ricevuto da Lorenzo il Magnifico di “tacce” (tazze) di maiolica, decorate con qualche “bella gentilezza”, cioè decorate.
A metà del Cinquecento le tazze erano distinte a seconda delle dimensioni in: “tazzoni o confettiere” (molto più simili a grandi vasi col coperchio che servivano a contenere dolciumi), “tazze” e “tazzine o ciotolette” anche se non è chiara del tutto la differenza fra le forme delle tazze e quelle della scodella, poichè non avevano manico.
All’inizio del XVIII sec., con il diffondersi in occidente di caffè, tè e cioccolata, nacque la tazza come la conosciamo noi oggi: un recipiente con un ansa per impugnatura, il più delle volte posata in un piattino con la stessa decorazione, ma esistevano anche modelli di tazze senza “manico”.
Uno dei più celebri era una specie di alto bicchiere di ceramica spessa chiamato “mazagran”, nome dalla città algerina dove nel 1840 la guarnigione francese, si raccontava avesse sostenuto un assedio memorabile sostenuta da litri di caffè freddo annaffiato da alcool.
Quando, nel corso del 1800, si diffuse il gusto per il tè, per l’oriente e l’esotismo, le tavole di tutta Europa si ricoprirono di ceramiche e porcellane di ogni genere, finemente decorate e di varie forme. Il tipico servizio da tè era composto da : tazze, piattini e cucchiaini presentati su un vassoio con caffettiera, teiera, cioccolatiera, zuccheriera e lattiera.
All’epoca la tazza più ricercata era la “zarth”, priva di ansa con il fondo arrotondato incastrata in un supporto indipendente a forma di piccolo porta-uovo, utilizzata soprattutto per il caffè alla turca.
Con l’avvento del caffè espresso nacque anche la “tazzina” che, secondo un’originale racconto, pare non sia il diminutivo di tazza.
Sembra infatti che il suo nome si debba al suo ideatore, Luigi Tazzini, pittore di origine lombarda che dal 1896 al 1923 fu direttore artistico della Società Ceramica Richard-Ginori. Tra le sue creazioni ci sarebbe appunto la tazzina, ottenuta aggiungendo alla tradizionale scodella un manico. Ne esistevano varie versioni battezzate dai milanesi a seconda dell’uso a cui erano destinate: el tazzinin per il caffè, el tazzin per il vino, la tazzinetta per il caffelatte, la tazzina per la pasta e fagioli.
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