Plutocrazia e plutocrate, termini che alludono al potere del denaro (che tanti guai sta procurando oggi alla Grecia) per ironia della sorte, derivano proprio dal nome dell’antica divinità greca Pluto (da Πλοῦτος, cioè “ricco”) dio della ricchezza e oggetto di un diffuso culto agrario. Entità divina non ben definita, figlio di Demetra e Giasone (o Trittolemo), Pluto rappresentava il terreno arato, il solco in cui posare il seme e la sua figura, inizialmente legata alla prosperità dei campi, si estese a simboleggiare ogni forma di benessere connesso alla ricchezza della terra, sia ai raccolti sulla superficie, che alle miniere nel sottosuolo. A proposito di Pluto, Esiodo scriveva “… chi può su lui metter le mani, subito fa che ricco divenga, e gli accorda fortuna”.
Ma Pluton (“il ricco”) era anche un epiteto sacro usato per indicare un’altra divinità, il cui nome era consigliato non pronunciare per non evocarne il nefasto intervento: l’innominabile dio Ade (cioè l’invisibile), fratello di Zeus e Poseidone, divinità “infernale” e signore del regno dei defunti.
A differenza di Pluto, munito di cornucopia dell’abbondanza, Ade-Pluton era un dio temutissimo che viveva nel suo gelido regno sotterraneo salendo raramente in superficie e, insieme alla consorte Proserpina, veniva celebrato durante i Misteri eleusini come custode dei semi nel sottosuolo e dei tesori celati nelle viscere della terra.
Assiso su di un trono d’ebano difeso da Cerbero, il cane a tre teste, Ade-Pluton viveva nel palazzo dell’Erebo racchiuso tra la fonte del Lete (le cui acque, ombreggiate da un cipresso bianco, donavano l’oblio) e la fonte della Memoria (ombreggiata da un pioppo bianco). Veniva raffigurato come un uomo dallo sguardo severo, barbuto, con la folta capigliatura sovrastata da un diadema d’ebano o coperta dall’elmo dell’invisibilità forgiato per lui dai Ciclopi, o da un cappuccio che lo nascondeva, teneva in mano uno scettro, delle chiavi o della terra e, ai suoi piedi, strisciavano serpenti.
Orgoglioso e geloso delle proprie prerogative di sovrano del Tartaro, invocato nei giuramenti, nelle maledizioni e per suggellare i patti più sacri, non permetteva a nessuno di tornare in superficie per descriverlo. Potentissimo e temuto soffriva però di somma invidia per gli dei olimpici, liberi di gozzovigliare nei banchetti celesti.
Ade-Pluton e Pluto, due facce della ricchezza, una cupa e mortifera, l’altra solare e gioiosa che ci auguriamo prevalga presto nella vita degli amici Greci, eredi di tanta tradizione.
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