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La feconda melagrana

Melagrana da erbario di Mattioli. Francoforte, 1626. elaborazione ©Fototeca Gilardi

Il Melograno è un albero che da sempre la tradizione associa alla fertilità.
I suoi frutti rossi e pesanti che occhieggiano tra le lucide foglie e i suoi innumerevoli chicchi color rubino, evocano immediatamente il tesoro di semi custoditi nel corpo femminile.
Anche il succo sanguigno che si ricava dalla Melagrana, non può che collegare questo antico frutto al ciclo “vita – morte – rinascita”.

La Melagrana appare infatti nell’arte sacra fin dai tempi più remoti portando con sé un’aura magica e potente.
Originaria della zona dell’Iran, possiamo però ritrovarla in tutte le civiltà del Mediterraneo a simboleggiare abbondanza e fecondità. D’altronde è uno dei frutti sacri ad Afrodite che, si racconta, abbia piantato il primo Melograno nell’isola di Cipro per donarlo all’umanità.
E da Afrodite a Proserpina il passo è breve.
La triplice Dea è la Signora della Melagrana: Afrodite la crea, Demetra e Proserpina la trasformano nello strumento magico che determinerà il ciclo delle stagioni.
In realtà è Ade che inganna Proserpina facendole inghiottire alcuni semi del frutto, che la vincoleranno nel sottosuolo per sei mesi all’anno. Ma è inevitabile: la fecondità presuppone l’accoppiamento. La luce e la primavera presuppongono un periodo di buio e di riposo vegetativo.

Gli splendidi frutti del Melograno sono un tema ricorrente anche nelle decorazioni di epoca romana. Si possono ammirare a Pompei accanto al cesto di fichi della Villa di Oplonti, ma anche in mosaici di epoca successiva come quelli del Mausoleo di Santa Costanza a Roma.

La Melagrana seguirà la divinità femminile anche quando crollerà l’Olimpo, trascinando con sé l’immagine di Era/Giunone Kotùrotrófos (“colei che nutre”) raffigurata con il frutto nella mano sinistra.

Uno dei dipinti più celebri in cui appare la Melagrana che mostra i suoi semi, è la “Madonna con il Bambino e sei angeli” dipinto da Botticelli nel 1487. Qui, nel frutto tenuto in mano dalla diade sacra “madre-figlio”, ritroviamo unite la fecondità (della Vergine) e l’immortalità (di Gesù).
Ovviamente nel frattempo la sfrenata vitalità di Afrodite e la fecondità di Era sono state imbrigliate e represse. La fecondità resta solo potenziale e viene protetta dalla castità, nuovo concetto che la Melagrana si vede associare in epoca medievale.
Ma anche qui, il frutto resta nella mano sinistra della Dea.

Il simbolo della Melagrana tuttavia si ritrova anche in altre civiltà, lontane dalla nostra.
Nella mitologia cinese per esempio lo troviamo associato alla Regina-Madre dell’Occidente, Hsi Wang Mu, ovviamente dea dell’immortalità.
Anche per i buddisti simboleggiava l’immortalità dell’anima e la perfezione della natura.
Mentre in ambito islamico il melograno, insieme all’ulivo, alla palma da dattero e al fico, rappresenta uno dei quattro alberi sacri. Una leggenda araba fa nascere, infatti, i semi delle Melagrane dalle lacrime di Fatima, la quarta figlia di Maometto, alla notizia del martirio dei figli.

Nelle mani di re e sovrani la Melagrana muta di significato e, con la sua capacità di racchiudere in un sol frutto centinaia di semi compatti, arriva a simboleggiare l’unità del regno.
Un famoso dipinto raffigurante l’imperatore Massimiliano I, realizzato da Albrecht Durer nel 1519, ci mostra esattamente questo ruolo simbolico della Melagrana, da sempre associata alla regalità grazie alla caratteristica “coroncina”.

Tipico frutto autunnale, scrigno che custodisce la potenza solare accumulata durante l’estate, la Melagrana ancora oggi evoca l’ultima esplosione di energia prima dell’inverno.
E racchiude in sé, come altri frutti autunnali, proprio i nutrienti capaci di traghettarci in salute attraverso il freddo regno di Ade.

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