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Il vizio dell’azzardo

gioco d'azzardo: strappo da pubblicità per un libretto di risparmio 1922, elaborazione ©Fototeca Gilardi

“Mangiato che ho, ritorno nell’hosteria: quivi è l’hoste, per l’ordinario, un beccaio, un mugnaio, due fornaciai. Con questi io m’ingaglioffo per tutto dì giuocando a cricca, a trich-trac, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano”
Così scriveva Niccolò Machiavelli all’amico Francesco Vettori nel dicembre del 1513, in piena rinascita delle arti, ma anche di un fenomeno che, rimasto in sordina per tutto il Medioevo, tra Quattrocento e Cinquecento torna a divertire, ma anche a devastare le vite umane: il gioco d’azzardo.
Illustre schiavo della pratica, Machiavelli non si faceva scrupoli a confessare questa debolezza che lo inserisce nella schiera di notissimi personaggi storici dediti al terrificante vizio delle scommesse. Si trattava infatti di un’abitudine così diffusa e così poco sanzionata da risultare grave solo perché la sfida a Dio (invocato e blandito prima della scommessa) si trasformava il più delle volte in roboanti bestemmie contro la Madonna (anche il bestemmiatore ha una sua logica maschilista) e solo per questo chi giocava d’azzardo era pesantemente sanzionato dalle autorità religiose piuttosto tolleranti sulla pratica del “gioco”.
Basta fare un passo indietro di alcuni secoli per trovare al tavolo dei dadi nientemeno che l’imperatore Augusto, così ossessionato dal gioco d’azzardo da mettere a disposizione dei suoi ospiti (così scrive alla figlia Giulia) 250 denari ciascuno “affinché, durante la cena, se ne avessero avuto voglia, potessero giocare agli astragali o a pari e dispari”. Il “divo” Augusto pare avesse una fortuna sfacciata, motivo di dissidio con l’illustre cognato Marco Antonio, ma si dice che si divertisse così tanto anche con giochi per bambini e scommesse di ogni tipo, da ridistribuire le sue vincite nel caso in cui il gioco iniziasse a languire per scarsità di risorse. Inutile precisare che arrivava a perdere cifre esorbitanti.
Da Caravaggio a Dostoevskij, da Vittorio De Sica a George Clooney è lunga la lista delle illustri vittime dell’azzardo, termine che affonda le radici proprio nell’antico nome arabo dei dadi, az-zahr, sebbene le forme di azzardo siano moltissime: dalla roulette, al poker, alle scommesse sportive , fino alle deprimenti slot machine che troviamo in tutti i bar.
È ormai noto quanto la combinazione odierna tra tecnologia, azzardo e isolamento sociale sia diventata una patologia tanto più difficile da sradicare, quanto più la gestione pubblica (o semi-pubblica) di alcune forme di gioco viene utilizzata come mezzo per riscuotere tasse in maniera indiretta. La speranza è che presto ci si accorga almeno del fatto che … 1-2 = -1, cioè che raccogliere “uno” con la mano destra dell’azzardo legalizzato e spendere “due” con la mano sinistra della sanità pubblica per patologie psichiche e neurologiche correlate alle scommesse, è un gioco a saldo pesantemente negativo. Per tutti.

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