Che tipo di amore festeggiamo a San Valentino?
L’amore romantico o l’amore passionale? L’amicizia amorosa o l’affinità elettiva?
Esistono infatti molti tipi di amore, che noi, con la nostra povertà di linguaggio, dimostriamo di non conoscere né distinguere, chiamando tutto indiscriminatamente con
una stessa parola (amore) nata solo in epoca medievale, forse pensando alla mamma (dal latino amma) o forse facendo evolvere dal sanscrito amanti, il concetto di prendere (per mano) qualcuno.
Così non era nell’Antica Grecia, dove i diversi “attaccamenti”, le varie forme di affetto, erano indicate da una gamma di termini molto differenti tra loro.
L’amore che nasceva dal desiderio era Eros (έρως), pulsione più che altro fisica e sessuale, divinizzata nella figura del figlio di Afrodite e ritenuta dagli antichi filosofi il mezzo per raggiungere la Verità attraverso l’ammirazione della bellezza insita nella natura corporea.
Eros è quel che ci spinge verso qualcuno (o qualcosa) e rappresenta il desiderio appunto erotico. Esiodo lo canta come “il più bello tra gli dei immortali” che “scioglie le membra e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini, doma nel petto il pensiero e la saggia volontà.”
Quello che Euripide definisce tiranno dell’uomo e custode dei letti pare sia, quindi, quella forma di amore che si festeggia il 14 febbraio, rispettando in qualche modo l’originaria festa orgiastica, divenuta poi la festa religiosa della coppia innamorata.
Pare che Eros avesse due fratelli: Himeros (Iμερος) e Pothos (Πόθος), anch’essi armati di arco e frecce, il primo, simbolo del desiderio irrefrenabile e non corrisposto, il secondo, simbolo della pura passione, della tensione verso una persona o una meta.
Oltre all’incontrollabile Eros (e agli altrettanto incontrollabili fratelli), per gli antichi Greci l’amore era rappresentato da agape (ἀγάπη) la parola che indica “amore” anche nel greco moderno e che si riferisce ad un sentimento ragionato, più astratto e meno fisico, spesso usato nella Bibbia e nel Vangelo con lo stesso significato di filìa (φιλία), cioè amicizia o piacere, e tradotto in latino col concetto di “caritas”. Si tratta di due forme di amore fondate sulla lealtà, sulla virtù e l’uguaglianza, sul rispetto e, nel caso della filìa, sull’ “amore mentale”, indicando anche passione intellettuale per qualcosa.
Vicino ai concetti di filìa e agàpe, abbiamo anche quello di antèros (αντέρως), l’amore corrisposto, il legame reciproco. Anch’esso fratello di Eros, nel mito è colui che permette a Eros di non restare sempre bambino: solo la vicinanza del fratello Anteros (l’amore ricambiato) fa diventare adulto Eros.
Altre forme di affetto e altre pulsioni completavano il quadro dei sentimenti d’amore, per gli antichi greci. Una delle più importanti era stοrgé (στοργή) l’amore parentale-familiare, usato soprattutto in riferimento al sentimento che lega genitori e figli, ma anche fratelli e sorelle.
La passione per qualcosa che si fa, il desiderio di realizzare era thélema (θέλημα), mentre una forma di amore che abbiamo quasi perso, era quella indicata dalla parola xenìa (ξενία), l’ospitalità, un legame ritualizzato e imprescindibile per la cultura dell’epoca, che assicurava vitto e alloggio agli ospiti stranieri, in cambio della semplice gratitudine e sottoposto al vincolo della reciprocità.
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