C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui i muscoli femminili, soprattutto in alcune classi sociali, non dovevano servire ad altro che a partorire, cullare bambini, lavare il bucato, zappare la terra, pulire la casa, accudire oche, galline, mucche, maiali, provvedere alla legna, cucire, stirare, conciare le pelli, e così via.
Nonostante tutto ciò, in quell’epoca, si credeva che il corpo femminile non fosse in grado di sostenere delle gare atletiche e che la donna fosse un essere debole e fragile.
Nell’antica Grecia, dove nacquero le Olimpiadi, le donne sposate non potevano assistere alle gare panelleniche.
Si sa che l’attività sportiva femminile era invece praticata a Sparta, dove lo stato si faceva carico dell’educazione dei bambini e le donne potevano cosi dedicarsi agli impegni ginnici, ma la finalità restava quella di preparare donne forti per il parto e la riproduzione. In ogni caso la muscolatura ben allenata, soda e tonica delle Spartane era rinomata ed esse partecipavano a gare pubbliche di corsa e lotta, si esercitavano anche nel lancio del disco e del giavellotto e probabilmente nell’ippica e nel nuoto. Ma, a parte Sparta, la pratica atletica femminile si svolgeva per lo più in contesti prettamente rituali, come i Giochi in onore di Era.
Dopo quell’epoca bisognerà aspettare le prime olimpiadi moderne per vedere atlete donne cimentarsi nell’agonistica.
In Inghilterra già dal 1880 le donne vengono ammesse nell’associazione nazionale di cicloturismo, ma solo nel 1916 è loro consentito di partecipare alla prima gara di ciclismo femminile.
Vicende e storie analoghe segnano lo sviluppo e la diffusione tra le donne del tennis, del golf e del nuoto.
Quando Pierre de Coubertin organizza le prime Olimpiadi nel 1896 ha in mente una competizione fra soli uomini. Eppure, nonostante la sua opposizione, le donne sono incluse, con il golf e il tennis, già alle Olimpiadi di Parigi del 1900. Tra i partecipanti, oltre 600 uomini, solo un paio di donne comparirà in gara. Così, una tennista inglese, Charlotte Cooper diventerà la prima campionessa olimpica.
Nel 1912 fa il proprio ingresso in ambito olimpico, fra mille rimostranze, il nuoto femminile.
Dal 1928 finalmente anche alle donne è permesso partecipare alle competizioni, ma solo nell’atletica leggera: gli sport devono ancora potersi distinguere in “femminili” e “maschili”!
Bisognerà aspettare le famigerate Olimpiadi del 1936 per vedere le donne entrare a pieno titolo nella storia dello sport: su un totale di 3834 atleti, 328 sono donne. Anche l’Italia prenderà parte all’evento con la partecipazione di Ondina Valla nella specialità degli 80 metri ostacoli, guadagnandosi l’oro.
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