Immaginare il Natale senza un caminetto acceso è come immaginare un Babbo Natale in giacca e cravatta. Impossibile. Ci avviciniamo al solstizio d’inverno e nei nostri geni è scolpito il ricordo di millenni passati a celebrare il ritorno del Dio solare che permette la vita su questa Terra: la festa del Sol Invictus, il Sole che trionfa sulla morte, che per un istante sembra fermarsi per tornare a splendere ogni giorno più a lungo.
Il focolare e il camino rappresentano il cuore di questo culto che mise la custodia del fuoco sacro nelle mani di antichissime sacerdotesse vergini della dea Estia o Vesta . Nato come semplice fiamma centrale nelle abitazioni primitive, circondata di terra o sassi, presso molti popoli il focolare viene associato alla presenza degli spiriti protettori della casa e della comunità. Tracce di questa funzione magica restano in fiabe come quella di Cenerentola, che viveva accoccolata presso il camino come una gatta e che proprio dal camino vedrà uscire la sua fata madrina, ma anche nella tradizione delle feste invernali che vedono scendere dal camino sia Babbo Natale che la Befana, durante le notti magiche del 24 dicembre e del 6 gennaio.
Presso gli etruschi e gli antichi romani il focolare domestico era la dimora dei Lari, gli spiriti degli antenati. Per secoli il focolare è stato il cuore delle famiglie e delle comunità rurali, il luogo intorno al quale la sera ci si riuniva per quattro chiacchiere, per pregare, per leggere e ascoltare storie, mentre le mani continuavano a rammendare , filare, intrecciare al chiarore, e al calore, dell’unica fonte di luce della casa. L’aspetto classico del camino come lo conosciamo oggi, con la cappa triangolare e la canna fumaria che permette la fuoriuscita del fumo, è una conquista medievale. Fu nei conventi che apparvero le prime volte a imbuto, con la funzione di rudimentali cappe aspiranti; in seguito si vedrà nascere il camino di pietra nelle abitazioni rurali, come cuore della casa, con duplice funzione: cucina e riscaldamento, mentre nelle abitazioni signorili, dotate di camere da letto distinte dalle cucine e dalla sala da pranzo, il camino ricopriva più che altro la funzione di riscaldamento e illuminazione.
Era tradizione, fino al secolo scorso, che le famiglie contadine durante l’inverno, si riunissero presso il focolare dell’uno o dell’altro podere, per ovviare all’isolamento forzato dovuto alle nevicate e al gelo: venivano sistemate sedie e panche intorno al focolare e ci si scaldava con un bicchiere di vino e qualche castagna arrostita sul fuoco.
La sera della vigilia di Natale però le antiche usanze collegate al culto del fuoco e degli alberi tornava a farsi sentire: nelle case contadine, si metteva ad ardere nel camino un ceppo di quercia (il “ciocco di Natale”) che doveva bruciare per 12 giorni consecutivi, i giorni del solstizio. Di solito toccava al più giovane della famiglia il compito di mettere il ciocco natalizio sul fuoco e il legno veniva benedetto con vino, olio e farina, come negli antichi riti della fertilità. In alcune regioni d’Italia il ciocco veniva percosso con le molle del camino, affinché bruciasse più velocemente esorcizzando tutte le negatività dell’anno, mentre intorno i familiari cantavano l’Ave Maria e distribuivano dolci e frutta secca.
Oggi di questa antica tradizione ci resta solo una dolcissima traccia, quella del tronchetto di Natale che troviamo in pasticceria. Che possa allontanare le negatività o esorcizzare i mali dell’anno non possiamo assicurarlo, ma che sia egregiamente in grado di sollevarci l’umore è indubbio!
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