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Flora la dea della Primavera

giovane Flora,  allegoria da cartrolina postale, Vienna 1907 - elaborazione ©Fototeca Gilardi

Pur tra venti gelidi e folate di neve, la Primavera cerca di farsi largo in questi nostri difficili giorni, mentre la vita sembra esitare sulla soglia cedendo ancora una volta il passo all’inverno.
Il fuoco e il calore portatori di vita provano a far fiorire prati e giardini, mentre infuria la lotta tra il vecchio gelo pungente e la tiepida fanciulla sospinta da Zefiro, il dio del vento dell’ovest.
Gli antichi greci chiamavano Cloris la magica ninfa della fioritura, dea della Primavera prima ancora che questo ruolo fosse assorbito da Proserpina. Fu Cloris, la sposa di Zefiro che i latini ribattezzarono Flora, a trasformare in Anemoni le gocce di sangue sgorgate dal corpo di Adone; e sempre Flora trasformò in fiori Giacinto e Narciso, l’uno amato da Apollo e Zefiro, l’altro innamorato di se stesso.
L’iconografia classica raffigura Cloris come una fanciulla di immensa bellezza che si muove a passi leggeri nei prati, con una ghirlanda in capo e il grembo pieno di fiori, spesso accompagnata da Zefiro suo sposo.
Una delle più celebri raffigurazioni di Flora è un’opera nota a tutti, la Primavera di Botticelli dipinta tra il 1481 e il 1482 e ispirata dalle Metamorfosi di Ovidio. Nell’immensa opera vediamo diversi personaggi muoversi sullo sfondo di un aranceto (il Giardino delle Esperidi): Zefiro, vento primaverile, all’estrema destra piega gli alberi con la sua potenza e rapisce Cloris. Dall’unione dei due sappiamo che nascerà Carpos, la personificazione dei frutti, e Cloris ne uscirà trasformata nella dea della fioritura. Al centro della tela Venere dirige tutto, mentre Eros aleggia sul suo capo e a sinistra le Grazie, ricoperte di leggerissimi veli, intrecciano le dita in una danza.
All’estrema sinistra Mercurio alza il magico caduceo per scacciare le nubi e permettere l’avanzata della magnifica dea scalza, dai cui passi sorgono fiori.
Narra il mito che la stessa dea Era, gelosa per la nascita di Atena dalla testa di Zeus, chiese a Flora un fiore magico che le permettesse di riprodursi senza bisogno del detestabile sposo divino. Flora diede alla madre degli Dei un fiore capace di fecondare una donna con il semplice tocco e fu così che nacque Ares.
Gli antichi romani amavano molto la dea Flora e, a primavera inoltrata, le dedicavano feste chiamate Floralia con spettacoli allegri in cui si esibivano mimi e in cui era permesso anche alle donne salire sul palcoscenico e persino denudarsi a favore del pubblico.
Pare che i Sabini celebrassero Flora come dea della fertilità con un lancio di fave e lupini, tradizione poi passata ai Romani che per l’occasione presero ad abbigliarsi di colori sgargianti che evocavano la varietà cromatica dei fiori.

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