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Dannati disoccupati

grafico della crescita della disccupazione + foto braccianti in attesa di ingaggio - elaborazione ©Fototeca Gilardi

Confesso che l’economia non è mai stata la mia materia preferita. È un mondo pieno di falsa logica e supposizioni, di previsioni fumose e di scommesse sulla pelle della gente. La mia strutturale idiosincrasia nei confronti della matematica applicata al denaro mi impedisce di cogliere le sfumature nascoste dietro alle incomprensibili cifre dei flussi finanziari, alle prese di posizione rispetto alla moneta o ai prestiti internazionali, ma mi restano ostiche anche le percentuali relative al lavoro e alla produzione, oltre a un sacco di altre questioni come il PIL e il debito pubblico.
Così quando l’ISTAT se ne esce dicendo che l’occupazione nel nostro paese, negli ultimi 12 mesi, è scesa al 56,5% mentre la disoccupazione è al 10,2%, semplicemente non capisco. Se su 100 potenziali lavoratori solo 56 sono occupati e i disoccupati sono 10, che fine hanno fatto i restanti 34?
Un lavoratore può essere solo occupato o disoccupato. … O no?
È qui che l’economia (o la statistica?) crea capolavori di fumo e ragnatele di non-sense: se uno non ha mai avuto un lavoro e non riesce a trovarlo, viene spedito in una specie di “Purgatorio economico” dove vengono conteggiati i cosiddetti “inoccupati”. Come gli ignavi danteschi, gli inoccupati non stanno nel Paradiso di chi ha lavoro, ma neppure nell’Inferno di chi non lo ha. Stanno nell’Antinferno, fuor di statistica, fuori dai conteggi della crisi economica perché infilarli negl’inferi significherebbe avere una disoccupazione al di sopra del 40% e la cosa, pur percepibile quotidianamente da ogni cittadino, manderebbe però in tilt i delicati grafici delle economie mondiali.
Chissà se i dati del 1929 distinguevano tra inoccupati e disoccupati? Forse negli anni Trenta gli inoccupati non c’erano? Forse i nostri bisnonni risultavano lavoratori fin dalla nascita e rientravano tutti nella categoria dei disoccupati?
Non esco dal ginepraio e cercando di chiarirmi le idee mi imbatto anche negli “scoraggiati” che non cercano più lavoro perché hanno perso la speranza, oppure negli “inattivi disponibili a lavorare”, cioè quelli che non cercano lavoro per i più svariati motivi, ma qualora lo trovassero se lo terrebbero ben stretto. A questo punto cedo le armi e decido di schiaffare tutti nell’Inferno della disoccupazione, perché ho bisogno di semplificare e davanti a quel 40% di cittadini che non hanno né stipendio né reddito mi viene da pensare che forse è arrivato il momento di contarci e di acquistare un po’ di consapevolezza: siamo tutti dei “dannati” ufficiali, niente Antinferno!
E niente Limbo.
Nel Limbo ci stanno già i “precari”.

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