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Artemide Lucina

bambina seduta sulla luna e candele,  elaborazione ©Fototeca Gilardi

In molti luoghi la tradizione celebra oggi 13 dicembre, e non il 25, la Festa della luce, cioè l’arcaica invocazione al Sole, affinché torni a splendere vigoroso illuminando il mondo.
Come sappiamo in questo periodo dell’anno, le ore di luce toccano il loro punto più basso, per poi ritornare ad aumentare dopo il solstizio d’inverno e il pensiero magico degli antichi, nell’illusione di impadronirsi di questi ritmi naturali e di poterli piegare alla propria volontà, collocò qui i più importanti riti legati alla “luce”.
Il 13 dicembre in varie parti del mondo non si festeggia un bambino che nasce o un buon vecchio, ma una giovane donna: Santa Lucia. È lei che porta i doni, è per lei che si accendono ceri e candele, che ci si veste di bianco e che si cucinano dolci a base di grano ricchi di semi e frutta , o pasti di legumi, simbolo di fecondità.
Un tempo Santa Lucia era festeggiata proprio il giorno del Solstizio, ma con l’adozione del calendario gregoriano nel 1582, la festa slittò al 13 dicembre, cadendo per una strana coincidenza, nel giorno dell’anno in cui il sole tramonta prima: le giornate continuano ad accorciarsi fino al solstizio perché l’alba è sempre più tarda per una decina di giorni. Quindi il detto “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia” corrisponde al vero.
La stranezza nel constatare che i due luoghi in cui il culto è più radicato sono la Sicilia e la Svezia, due posti parecchio distanti geograficamente e culturalmente, fanno pensare ad un fenomeno di sincretismo, in cui la figura di Santa Lucia ha assorbito quella di precedenti divinità, in particolare quelle che associavano la luce (spesso anche solare) ad una figura femminile e non maschile.
In epoca romana Artemide, la dea-Luna, aveva l’appellativo di “Lucina”, dal nome di una antica dea minore protettrice della vista. La dea lunare della caccia, armata di arco (la falce di luna) e frecce, seguita dal suo corteo di ninfe dei boschi, era la protettrice della castità, delle foreste e degli animali.
Sovente veniva associata alla dea Ecate, la “vegliarda”, la dea oscura (uno dei 3 volti della triplice dea, di cui Artemide incarnava più spesso l’aspetto di “vergine” o di “ninfa o dea orgiastica” ) ed è sotto queste vesti che, sovrana del parto (e dei cuccioli), si meritava l’appellativo di “Lucina”, legando indissolubilmente la vita e la morte, il buio e la luce.
Come a tutte le divinità, anche ad Artemide, spesso raffigurata con due fiaccole in mano, venivano associati degli animali-totem; nel suo caso era la quaglia. È curioso constatare a questo punto che la processione siciliana in onore di santa Lucia, parte dall’isola di Ortigia, il cui nome significa “isola delle quaglie”, dove sorgeva anticamente un grande tempio dedicato ad Artemide, e l’isola greca di Delo, in cui si dice che Latona partorì i due gemelli Apollo e Artemide, era chiamata Ortigia.
Anche per la tradizione ebraica oggi si inaugura la festa delle luci, Channukah, che dura otto giorni (cioè quelli che ci separano dal solstizio), così come le feste per la Santa siracusana.
Santa Lucia nacque e morì da martire il 13 dicembre 304, a Siracusa, sotto il governo di Diocleziano dopo aver ricevuto la grazia di veder guarita la madre durante un pellegrinaggio alla sepoltura di Sant’Agata. Grata alla Santa, Lucia si liberò di tutti i suoi beni decidendo di dedicarsi alla vita religiosa. Il suo promesso sposo si infuriò e la denunciò come cristiana alle autorità.
La leggenda dice che al momento dell’arresto i soldati non riuscissero a rimuoverla e portarla via per quanto fosse diventata miracolosamente pesante; posta al rogo rimase illesa e fu uccisa da una pugnalata alla gola. La sua iconografia la dipinge con un vassoio in mano, su cui sono appoggiati due occhi, simbolo della luce/vista, che evocano il suo nome (dal latino lux, luce) di cui Lucia divenne protettrice, così come lo era l’antica Lucina.

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