In prevalenza istantanee prese nei luoghi di lavoro, a documento delle condizioni di vita e di lavoro di operai e braccianti agricoli, con le rispettive famiglie. In misura minore le riprese riguardano situazioni di manifestazione o dimostrazioni sindacali. I fotoreportage nella maggioranza dei casi furono realizzati per il rotocalco “Lavoro” organo della CGIL ad esclusione di un gruppo di immagini, abbastanza consistente, eseguite al seguito delle spedizioni di ricerca di indagini antropologiche con Ernesto De Martino (Sud e magia), Diego Carpitella e Tullio Seppilli. Racconta Gilardi a proposito di: Fotografia Etnografica
«Uno dei maghi più celebri, Ferramosca di Castelmezzano, venne raggiunto dopo una piuttosto… dolorosa cavalcata a dorso di mulo per un tratto, e per un tratto ancora dopo una arrampicata su un impervio sentiero, battuto per giunta da un acquazzone furioso. Evidentemente la tecnica di avvicinamento, fino a questo punto, altro non chiede che buone gambe e molta sopportazione.
Niente di straordinario. Qualcosa da dire invece sulla tecnica di avvicinamento ai soggetti nel suo capitolo psicologico. Abbiamo a che fare, nel caso dei maciari, con individui quasi sempre analfabeti o semi analfabeti ma di vivissima intelligenza e dalla lunga pratica professionale. Inoltre essi vivono nello stato d’animo timoroso e guardingo di chi esercita, o crede di esercitare, un’attività illegale: perlomeno la pratica abusiva della medicina, ma peggio ancora. Ne consegue la timorosa coscienza di poter essere accusati di un qualche reato, e la comprensibile ripugnanza a lasciarsi avvicinare da sconosciuti e soprattutto la violenta reazione alla presa fotografica.»
Testo di Ando Gilardi da: “Una tecnica di avvicinamento: fotografie di “maciari” lucani e della loro clientela.” Ferrania, rivista mensile di fotografia e cinematografia, anno XI, n. 12, Milano, dicembre 1957.
Fotografia Arbitraria
«Che cosa è la fotografia arbitraria? È la fotografia che non è informazione, la fotografia che non è pubblicitaria, la fotografia che non è promozione, la fotografia che non è ripetizione, la fotografia che non è imitazione, la fotografia che non è ” fedele riproduzione”, la fotografia che non è “specchio con la memoria”, la fotografia che non è esibizione, la fotografia che non è propaganda, la fotografia che non è controinformazione, la fotografia che non è un prodotto, la fotografia che non è un consumo, la fotografia che non è tradizione, la fotografia che non è avanguardia, la fotografia che non è rivoluzione, la fotografia che non è controrivoluzione, la fotografia che è semplicemente un arbitrio del fotografo.»
Testo di Ando Gilardi da: “L’Infedele“, mostra esposta nel SICOF Sezione culturale, Milano, 14-19 marzo 1979.
Fotografia Digitale
«Le immagini prodotte dalla luce, attraverso una lente, e proiettate sul fondo di una scatola chiamata camera obscura, erano nella realtà della cultura visiva immensamente più attive e suggestive di quanto non siano oggi i loro cadaveri, le loro salme fredde e mute: le fotografie analogiche appunto, come le intendiamo. Daguerre, e poi gli altri, Herschel, Talbot, eccetera non hanno inventato la fotografia: ai tempi loro era già secolare. Hanno inventato un procedimento per renderla stabile, per «poterla togliere dalle camere oscure e portarla dove si desidera». Ora, per poter prendere la fotografia, toglierla da dove si formava e viveva, dal fondo delle scatole con l’occhio di vetro, bisognava imbalsamarla con sali d’argento e altri “unguenti” assai fetidi chiamati sviluppo, fissaggio, gelatina, collodio… insomma si trattava di uccidere la bella immagine effimera che sorgeva e tramontava con il Sole. Liquidarla e conciarla per le “vetrine” delle illustrazioni da poco. L’immagine digitale è in un certo senso la rinascita della fotografia, quella effimera, non surgelata o in gelatina.»
Testo di Ando Gilardi da: “Meglio Ladro che Fotografo“, Bruno Mondadori, Milano 2007.
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